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La malattia
mentale che portò la moglie di Pirandello essere
ricoverata in ospedale e come si può immaginare segnò
profondamente la vita dell'artista e questo si può notare in molti suoi testi.
La Follia e l'alienazione
La follia, o alienazione
mentale, è la condizione nella quale i fatti commessi sono caratterizzati dalla
a-normalità, dall'uscire dalle norme che regolano i comportamenti della
massa.
Solo la follia o la a-normalità assoluta, e incomprensibile per la
massa, permette al
personaggio il contatto vero con la natura, (quel mondo esterno alle vicende
umane nel quale si può trovare la pace dello spirito) e la possibilità di
scoprire che rifiutando il mondo si può scoprire se stessi. Ma questi contatti
sono solo momenti passeggeri, spesso irripetibili perché troppo forte il legame
con le norme della società.
Così accade a Enrico IV nell'omonima opera. Era un
nobile del primo Novecento fissato per sempre nella convinzione di essere il
personaggio storico da cui prende il nome, dopo aver battuto la testa cadendo da cavallo. In
Enrico IV troviamo l'esasperazione del conflitto fra
apparenza e realtà, fra normalità e a-normalità, fra il
personaggio e la massa, fra l'interiorità e l'esteriorità. Per superare questo
conflitto il personaggio tende sempre più a chiudersi in se stesso, per cui la
a-normalità diventa sistema di vita.
Enrico IV è il personaggio più
disperato e tragico di Pirandello, e racchiude i temi di una poetica e di una
visione della vita che porta all'isolamento e alla disgregazione, alla rottura
drammatica e totale non solo con la storia contemporanea e con la cronaca
quotidiana, ma anche con la realtà del passato e con l'illusione del futuro. È
il personaggio-maschera che personifica la scoperta del grigiore e
dell'invecchiamento delle cose e dell'uomo, insieme alla coscienza dell'irrecuperabilità
del tempo passato, che non può più ritornare neppure nello spazio riservato
alla fantasia, perché la vigile e riflessiva ragione avverte che le cose mutano
e non ritornano mai ad essere le stesse di una volta.
L'improvvisa guarigione di Enrico IV, improvvisa e inspiegabile, proietta il personaggio
nelle vicende quotidiane, ma lo rende anche consapevole di non poter più
recuperare i 12 anni vissuti 'fuori di mente'. A Questo punto non gli resta che
fingersi ancora pazzo dopo aver constatato che nulla era rimasto della sua
gioventù, del suo amore, e che molti lo avevano tradito.
È in questa consapevolezza che
la persona diventa personaggio e prende definitivamente le
sembianze di Enrico IV, assumendo una forma immutabile agli occhi di tutti, ma
non di se stesso, rifugiandosi nel già vissuto, dove ogni effetto obbediente la
sua causa, con perfetta logica, nella quale ogni avvenimento si svolge 'preciso
e coerente' in ogni suo particolare, proprio perché, essendo già vissuto, non
può più mutare.
La follia quindi non è vista tanto
come elemento negativo, quanto come elemento fondamentale della condizione umana
con la quale fuggire la propria angoscia e il proprio dramma, come estremo rifugio, per potersi salvare dal
dramma dell'esistenza.
Come infatti previsto da Sigmund
Freud la nevrosi sarebbe diventata la malattia del "900.
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