Ravel e il Decadentismo

Emblematicamente il primo e l'ultimo lavoro di Ravel appartengono al genere della lirica da camera (mélodie); si tratta di Ballade de la reine morte d'aimer, composta nel 1894 quando era ancora studente del Conservatorio di Parigi, e delle tre liriche raccolte sotto il titolo Don Quichotte à Dulcinèe, scritte nel 1932, poco prima che cominciasse a manifestarsi l'aprassia che in poco tempo avrebbe spento le sue energie e le sue capacità creative. Il periodo in cui si svolse la creatività di Ravel fu tra i più animati ma anche fra i più critici della storia della musica.

Anzitutto non molto tempo era trascorso da quando la Société Nationale de Musique aveva dato impulso alla musica strumentale francese aprendo quel renouveau propugnato soprattutto da Franck e SaintSaeëns. In secondo luogo, era penetrato in Francia l'influsso della musica tedesca, recando con sé la polemica fra tradizionalisti e progressisti che aveva diviso l'Europa musicale: da un lato Brahms e i suoi sostenitori, dall'altro la "musica dell'avvenire" profetizzata (e solo in parte realizzata) da Liszt e incarnata da Wagner. Inoltre, l'ambiente musicale francese era molto sensibile anche all'influsso della musica russa rappresentata dalle sue due anime, quella filooccidentale di Ciaikovski e quella nazionalista di Rimskij-Korsakov.

Con i promotori del renouveau la musica francese non aveva ancora assunto un orientamento preciso, né prodotto personalità decisive, ma solo espresso un cambiamento e un avanzamento. Proprio nel momento in cui Ravel stava compiendo gli studi, cioè negli ultimi anni del secolo, il renouveau appariva invecchiato e sclerotizzato. Esisteva invece un movimento progressista nazionale, rappresentato da Gabriel Fauré, un musicista integrato nell'ambiente accademico, e da Emmanuel Chabrier ed Erik Satie, che rappresentavano l'avanguardia irregolare e polemica nei confronti delle istituzioni. A questa situazione interna della musica francese si aggiungeva la crisi del linguaggio musicale europeo profilatasi alla fine dell'Ottocento.

La vocazione dei giovani musicisti francesi era quella di trovare una via d'uscita nazionale a questa problematica. Perciò, ignorando il renouveau nato trent'anni prima, prediligevano in Fauré la scelta di comporre quasi esclusivamente per voce e per piano­forte rinunciando alle opere per orchestra, in Chabrier e in Satie l'irriverente rifiuto di ogni tradizione. Da queste posizioni partirono sia Debussy sia il più giovane Ravel. Gli itinerari furono profondamente diversi, nonostante il parallelo che viene insistentemente fatto tra i due musicisti: Debussy, come si è visto, fu risolutamente progressista; Ravel, invece, rimase in bilico fra tradizione e progresso e ogni sua composizione è una specie di scommessa sulla possibilità di esprimere qualcosa di nuovo con un linguaggio già sfruttato. Un esempio clamoroso è il Bolero, la sua composizione più celebre, che, pur adoperando elementi basilari e semplici della tradizione, appare come un lavoro privo di qualsiasi connotato storico nella sua travolgente assolutezza.

Nella sua attività di compositore Ravel si cimentò in tutti i generi musicali (compatibilmente con la fase storica in cui visse) con un'equità che corrisponde a un piano preordinato: dalle composizioni per pianoforte, suo strumento prediletto, alle mélodies, dai complessi cameristici classici (a partire dal giovanile Quartetto in fa per archi) all'orchestra, dal teatro musicale al balletto; inoltre occorre sottolineare l'ampio spazio dedicato alla trascrizione, tanto di composizioni proprie quanto altrui, come dimostra lo straordinario esito dei Quadri di un 'esposizione di Musorgskij trascritti dall'originale pianistico nella versione orchestrale. Da un punto di vista estetico, Ravel aderì in pieno alle teorie musicali del Decadentismo, secondo cui il linguaggio musicale è dotato di capacità espressive superiori a quelle degli altri lin­guaggi artistici, in quanto può esprimere la simulta­neità. In base a questa superiorità, il più grande poeta francese contemporaneo di Ravel, Mallarmé, affermò che compito della poesia era quello di «riprendere il proprio bene» alla musica e tentò nel suo Un coup de dés (Un lancio di dadi) una sovrapposizione di immagini poetiche disponendole come in una partitura musicale; la simultaneità delle immagini, d'altra parte, fu il grande tema di ricerca delle avanguardie nelle arti figurative a partire dal Futurismo.Principio fondamentale della poetica di Ravel era che la musica non avesse alcun limite nelle proprie capacità di rappresentazione. Donde la costante presenza, nelle sue composizioni, di assunti descrittivi e immaginifici. Una conseguenza dell'estetismo raveliano è il virtuosismo: la volontà di ottenere esiti mediti e particolari da un linguaggio sostanzialmente tradizionale richiede infatti un grande magistero nell’impiego del ritmo, dell'armonia, del timbro e dell’intensità dei suoni